Articolo di Alice Lupi, tratto da Il Sommelier – n. 3 -2017
“La memoria visiva è l’assistente del collezionista, la quale facilita la sua ricerca e l’acquisizione di nuovi oggetti”
Alzi la mano chi, non ha mai sentito dire «Scusi, ha la capsula di questo spumante?». Una domanda rivolta, durante i banchi d’assaggio, dalla figura più invisibile del mondo del vino: il collezionista di capsule. In realtà, assistiamo ad un vero e proprio fenomeno: i collezionisti di questa originale passione, nel globo, sono stimati oltre 250.000; i paesi più animati sono la Francia e la Spagna, segue l’Italia dove si contano 5.000 appassionati, di cui 280 circa aderiscono al Club Collezionisti Capsule, con venti anni di attività sulle spalle. E’ facile immaginare che Adolphe Jacquesson, depositando, nel 1844, il brevetto per la sua invenzione della capsula per tappare saldamente, assieme alla gabbietta, le bottiglie di champagne, non avrebbe mai pensato che una rotonda lamina di metallo potesse passare da essere semplice oggetto funzionale ad oggetto del desiderio.
Molte cantine produttrici di spumanti hanno, con lungimiranza, intercettato il fenomeno, rispondendo al bisogno dei collezionisti con lamine attraenti, eleganti, artistiche, litografate, serigrafate con decori, simboli, scritte. Nonostante l’instancabile attività dei ricercatori di lamine, i molteplici mercatini nazionali e internazionali, i raduni, i gemellaggi tra club di nazioni diverse… i collezionisti di capsule sono ancor oggi soggetti troppo spesso snobbati, o tutt’al più ignorati, dalla massa critica e comunicativa dei degustatori. Sarà forse perché sono visti come dei solitari o forse perché essi non necessariamente degustano vino o, semplicemente, perché recuperano parte dello scarto delle bottiglie di spumante consumate che, altrimenti, andrebbero gettate via.
Il collezionista di tale passione, propriamente inteso, è lungi da essere un banale accumulatore. Lui non accatasta, ma inventaria, classifica e custodisce con dovizia i suoi oggetti come fossero reperti da museo. Li dispone con ratio, con un criterio che permette di ritrovarli con facilità. La memoria visiva è l’assistente del collezionista, la quale facilita la sua ricerca e l’acquisizione di nuovi oggetti. Infatti, dopo esserne entrato in possesso, ne dispone secondo i criteri a lui più consoni (es.azienda, provenienza); il “bottino” correttamente inventariato suscita la soddisfazione dello stesso amatore.
Un collezionista rigoroso di capsule guarda con ammirazione i suoi integerrimi colleghi di francobolli e monete; ad essi si ispira nell’atto di classificare e di conservare. I più professionali solitamente sono muniti di appositi contenitori, capaci di accogliere in un reticolo le capsule senza che queste si sfreghino. La differenza grafica tra le lamine è il motivo per il quale tale passione si innesca. Lo spirito della ricerca dà alla degustazione di vino una valenza in più: quella di trovare o la tanto sospirata capsula mancante oppure un doppione per avviarne poi lo scambio. Sì, proprio così. L’anima vera di questo genere di collezionismo non è solo quella di trovare l’ultimo “tassello” ma anche di recuperare più lamine uguali per avviarne lo scambio con altri collezionisti molto spesso grazie alla rete Internet intrecciando relazioni finalizzate al completamento di una specifica serie.
Qui, si sancisce un passaggio: da un’attività individuale ad una sociale, grazie allo scambio con gli appartenenti alla medesima passione. Alla stessa stregua dei collezionisti di francobolli che fanno attenzione che i valori bollati siano dotati di tutti i dentini, il più rigoroso collezionista di capsule trattiene solo quelle integre, prive di graffi e di ammaccamenti. Ci sono aziende che hanno ben capito quanto questa tipologia di collezionismo abbia importanza, perché capace di innescare pubblicità. Questo spiega perché le capsule che si trovano sul mercato sono sempre meno anonime.
Ecco qui, l’importanza del Catalogo italiano capsule spumanti e vini frizzanti che il Club Collezionisti di Capsule pubblica, da diversi anni, volto ad agevolare gli appassionati nella loro opera di raccolta.
Un esempio di una geniale operazione, basata sulla comprensione di tale fenomeno, è quella messa in campo dalla cantina lombarda Monte Rossa. Limitando l’analisi alle sole capsule, si scopre che con un linguaggio tipico sia del gioco che del gergo giovanile, Il Franciacorta che spacca, si fa un chiaro e ovvio riferimento al biliardo, le lamine dei propri spumanti richiamano alle biglie. Qui, entra in gioco la casualità probabilistica con la sorpresa. Ogni bottiglia contiene una distinta lamina colorata con un numero da 1 a 15. Si potrà conoscere il risultato del pescato solo dopo averla “scartata”; per completare la serie, Biliardo Special Edition, occorre possedere tutte e quindici le capsule.
Visto il notevole successo ottenuto, con il tempo la stessa cantina ha pensato bene di mandare in stampa altre due serie di capsule distinte, ancora stile palle di biliardo che si differenziano dalla prima per la dimensione del carattere impresso. Giocoforza si fortifica la collaborazione tra collezionisti. Lo scambio si rende necessario, non solo per abbattere i costi, ma per azzerare le probabilità con segno negativo che queste possono generare.
Sui social network non mancano i gruppi dedicati a tale interesse. Uno fra tutti, nato per iniziativa dei singoli appassionati, è “Collezionisti capsule caps cava champagne”, una comunità molto attiva su Facebook composta da circa 920 membri. I motivi sopra indicati rendono più coese le collaborazioni tra i collezionisti che quotidianamente si scambiano i “valori” mancanti passando dal virtuale, luogo di comunicazione che mette in accordo, al materiale, grazie al servizio postale. E’ importante sottolineare un punto: esiste una sorta di codice comune, un parametro condiviso dai collezionisti, che permette di valutare una determinata lamina di metallo per avviarne lo scambio, basato principalmente sulla tiratura di una certa capsula.
Tutto ciò spiega perché i collezionisti sono sempre presenti agli eventi dedicati alle bollicine. E’ innegabile che amici e parenti di costoro si interessino e, in qualche modo, partecipino a questa passione, mettendo da parte le lamine degli spumanti consumati, comprendendo che alcune capsule sono oggetto di attenzione maggiore, sperando che quella “catturata” sia la lamina più preziosa, la più ricercata o almeno quella mancante. Così, grazie alla costante attività e alle collaborazioni, serie intere di capsule si chiudono, altre rimangono aperte ma la ricerca, per i collezionisti, continua e anche la solita domanda «Scusi, ha la capsula di questo spumante?».
- Giorgio Canegrati