Storia della Gabbietta

di Michel Grilliat

 


Quando all’epoca di Dom Perignon si scoprì il modo per far prendere spuma al vino di Champagne, le bottiglie erano tappate con cavicchi di legno coperti di stoppa imbevuta d’olio e poi sigillati con la cera.
Ben presto, ci si rese conto che tale sistema di tappatura non era sufficiente per trattenere la pressione del gas del vino ed impedire che le bottiglie scoppiassero.

Si ebbe allora l’idea di utilizzare dei tappi in sughero per tappare le bottiglie, ma si dovette ben presto imbrigliare rigidamente i tappi perché non saltassero sotto la pressione del gas naturale del vino di Champagne.

 

E’ così che si ricorse alla cordicella di canapa per trattenere il tappo sulle bottiglie. La cordicella era fissata manualmente tenendo la bottiglia ben ferma tra le gambe, cosa assai poco pratica.

Ben presto si utilizzò un “calbotin” (fig. 1) chiamato anche calice o secchio per la legatura, nel quale si fissavano le bottiglie per meglio tenerle ferme durante l’operazione di legatura.
Per fare più forza ed evitare di rovinarsi le mani, l’operaio si serviva di un “trefolo” (fig. 2) per tirare la cordicella e stringere i nodi. In seguito, l’operaio tagliava le estremità della cordicella con il coltello da legatore chiamato “lancia” (fig. 3).

Il lavoro dell’operaio legatore era assai pesante e richiedeva un grande sforzo. Verso il 1885, un certo Nicaise Petitjean di Avize, inventò e fece brevettare una macchina per la legatura con la cordicella (fig. 4), chiamata anche cavallo di legno.
Questo apparecchio agevolava considerevolmente il lavoro dell’operaio legatore e migliorava il fissaggio del tappo. Un operaio poteva legare fino a 1000 bottiglie in 10 ore.

Allo scopo di garantire la perfetta tenuta del tappo, il legatore effettuava poi due nodi che consentivano di incrociare due volte la cordicella. Ecco uno schema delle varie fasi di tale operazione:

Tale fissaggio del tappo con una o due cordicelle incrociate era in ogni modo precario. Per maggiore sicurezza alcuni negozianti completavano la legatura con uno o due fili di ferro attorcigliati (fig. 5). Il fissaggio del filo di ferro si faceva con l’aiuto di una pinza cesoia (fig. 6).


Tuttavia questo fissaggio metallico presentava delle difficoltà al momento di stappare le bottiglie ed era necessario usare una pinza speciale (fig. 7) od un piccolo gancio (fig. 8) per tagliare il filo di ferro.
Questi strumenti erano spesso offerti in regalo dai negozianti ai loro clienti.

Per agevolare la stappatura delle bottiglie senza aver bisogno di una pinza o di un gancio, e soprattutto senza ferirsi, si ebbe allora l’idea di fare un piccolo anello sul filo per la legatura (fig. 9).

Questo piccolo anello aveva talvolta un piombino, sul quale veniva incisa la parola “Champagne” (fig. 10) oppure il nome del negoziante.

Tuttavia il fissaggio di queste cordicelle e di questi fili di ferro era lungo e faticoso. Si cercò quindi di perfezionare il filo di ferro preformandolo: era nata la gabbietta.

La gabbietta “La Rapida” è certamente una delle primissime gabbiette che fissavano con una macchina (fig. 11) utilizzando sempre una pinza per la legatura per attorcigliare i fili della gabbietta. Ben presto vennero anche perfezionate le macchine per il fissaggio delle gabbiette (fig. 12).


Le prime gabbiette furono fabbricate intorno al 1881 o pochi anni prima, come lo testimonia la pagina 47 di un vecchio catalogo H. Hemart et Lenoir, costruttori ad Epernay.

All’inizio del secolo venivano fabbricate delle gabbiette molto semplici a tre o quattro braccia (fig. 13 – 14 – 15) con un piccolo foro al centro.
Tali gabbiette venivano fissate direttamente sul tappo o talvolta con una piccola placca di stagno posta tra la gabbietta e la parte superiore del tappo.

In seguito venne l’idea di utilizzare una placca preformata e concava di ferro bianco, liscia o con inciso il nome “CHAMPAGNE“. Tale placchetta consentiva di coprire meglio il tappo e di renderlo più bello.

E’ così che la forma della gabbietta subì la sua evoluzione e che il piccolo foro centrale fece posto ad un foro rotondo più grande nel quale veniva fissata la placca (fig. 16).

La gabbietta in seguito si sarebbe ancora perfezionata sino a raggiungere la sua forma attuale. (fig. 17).